Autore Ferdinando Mosca da Pescocostanzo (1685-1773)
Titolo Soffitto ligneo con monogramma di Cristo
Data 1724
Collocazione Navata centrale
Stato di conservazione Buono
Materia e Tecnica Legno intagliato, dipinto e dorato; ceci di Navelli

Autore Girolamo Cenatempo (XVII secolo-XVIII secolo)
Titolo L’Immacolata Concezione con i santi Bernardino e Giovanni da Capestrano
Data 1732
Collocazione Soffitto ligneo della navata centrale
Stato di conservazione Buono
Materia e tecnica Olio su tela
Iscrizioni Hier~. Cenatempo P. EX DEUS > Girolamo Cenatempo dipinse per grazia di Dio/in nome di Dio

Autore Girolamo Cenatempo (XVII secolo-XVIII secolo)
Titolo Due episodi della vita di San Bernardino
Data 1732
Collocazione Soffitto ligneo della navata centrale
Stato di conservazione Buono
Materia e tecnica Olio su tela

Descrizione

Il cielo cassettonato che copre la nave centrale si presenta attualmente in buono stato di conservazione, per merito soprattutto dell’ultimo restauro, diretto da Lucia Arbace, che l’ha interessato a seguito del sisma del 2009. Il restauro, oltre ad aver risarcito i danni venutisi a creare con il terremoto, ha anche restituito il primo colore azzurro di fondo, precedentemente coperto da un verde ottocentesco; ha inoltre svelato l’utilizzo di ceci di Navelli sul monogramma IHS, utilizzati con l’intento di creare effetti di vibrazione nel dialogo con la luce.

Lo splendido intaglio ligneo si deve a Ferdinando Mosca da Pescocostanzo, importante intagliatore che si forma proprio entro la fertile tradizione artistica pescosansonesca, attivo in più sedi nell’aquilano ed in basilica autore anche della cassa lignea che contiene il grande organo settecentesco di Feliciano Fedeli in controfacciata.

Il soffitto, che rientra nei lavori di risistemazione della basilica successivi al terremoto del 1703 ed ancora fervidi nel terzo decennio del secolo, presenta fitti girali vegetali dorati che emergono sul chiarissimo azzurro di fondo; incassati vi si trovano quattro elementi disposti senza alcuna pretesa di simmetria, ossia le tre tele del Cenatempo inframezzate dal grande trigramma dorato bernardiniano; venendo dall’ingresso si trova anzitutto la tela verticale – e dalla forma polilobata, alternativamente concava e convessa – con la Concezione, segue una delle due tele, ad andamento orizzontale, con una scena della vita del titolare della basilica, il trigramma del nome di Cristo ed in chiusura la seconda scena di vita del santo. Il trigramma raggiato è inoltre visibile dalla cappella con il deposito di Bernardino, tramite una finestra che ne sormonta l’arco d’ingresso.

Un primo semplice soffitto quattrocentesco doveva prevedere tavole dipinte, ma allo scorcio del XVI secolo se ne realizzò uno ben più monumentale sui coevi modelli romani, ad opera del fiorentino Orazio Valla, autore anche del precedente altare a diaframma, e Simon Lagi, pittore ed indoratore. Questo soffitto, cominciato nel 1587, fu concluso solo nel 1628 e restò dunque in opera per un tempo relativamente breve, considerando il violento sisma che avrebbe colpito la città all’inizio del secolo successivo.

Se il soffitto di Mosca può considerarsi concluso entro la prima metà del terzo decennio del 1700, le tele del Cenatempo sono di una decina d’anni successive, realizzate tra il 1732 e il 1733, durante quella che crediamo essere la sua terza venuta a L’Aquila e che vide in basilica anche la realizzazione delle tele per le cappelle di Giacomo della Marca e Giovanni da Capestrano.

La tela maggiore incassata nel soffitto raffigura un’Immacolata Concezione alla presenza di San Bernardino, in ginocchio e quasi in estasi sulla sinistra, e San Giovanni da Capestrano a destra, in piedi con la bandiera della crociata e la croce rossa pure sul saio. Sullo sfondo un castello analogo a quello dipinto dallo stesso Cenatempo immediatamente o poco dopo in San Giovanni da Capestrano nella battaglia di Belgrado, nella cappella intitolata allo stesso santo; sotto il piano d’appoggio dei due santi, angioletti sostengono vari attributi e tra gli spazi si legge la firma del pittore.

La Vergine, sedente sulle nubi, viene elevata al cielo da un vasto numero di angeli che circondano lei e l’Eterno dal nimbo triangolare.

Le altre due tele presentano tra loro la stessa forma irregolare dall’andamento orizzontale, diversa da quella dell’Immacolata Concezione, e raffigurano due episodi aventi plausibilmente San Bernardino come protagonista, dunque si può presumere tratti dalla stessa agiografia del Santo e con tutta probabilità raffiguranti miracoli, ad oggi non chiariti. Il primo dei due – sempre provenendo dall’ingresso principale alla basilica – sembra essere un episodio di educazione, ben lontano dall’altro, che presenta al centro ed in primissimo piano un soldato caduto al suolo, affiancato sulla sinistra dalla Vergine con Bambino ed angeli e sulla destra dal Santo titolare affiancato da un confratello.

In generale le tre tele paiono potersi accomunare per un generale inscurimento dei toni, che sembra segnare la pittura del napoletano a quest’altezza cronologica, con un evidente distacco dalle prime luminosità che lo ponevano sulla scia di Luca Giordano. Ci si chiede se questo possa esser letto come tentativo di avvicinamento allo stile allora di gran fama del Solimena, o piuttosto, nel caso in esame, come volontà di creare contrasto al colore di fondo, come si è già detto, chiarissimo.

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