La predicazione di Santa Rosa da Viterbo

Home / La predicazione di Santa Rosa da Viterbo

Cappella di Santa Rosa da Viterbo

Autore: Nicola Malinconico (?) (1663-1727)

Titolo: La predicazione di Santa Rosa da Viterbo

Data: Inizio XVIII

Collocazione: Cappella di Santa Rosa da Viterbo

Stato di conservazione: Mediocre

Tecnica e materia: olio su tela

Descrizione

La tela, situata sull’altare della cappella di Santa Rosa da Viterbo, è attualmente in condizioni di conservazione non ottimali, essendo la superficie squarciata in più punti.

La cappella, dedicata alla suddetta santa, è la prima sulla sinistra venendo dall’ingresso; si presenta all’esterno con un grande stemma in pietra bianca della famiglia Alessandri (spaccato: nel 1º d’azzurro alla pecora bicipite al naturale; nel 2º di verde), collocato in corrispondenza della chiave di volta, la balaustra è invece novecentesca.

L’interno della cappella è rivestito da una serie di stucchi in monocromo bianco di gusto classicheggiante e piuttosto sobri, che si possono verosimilmente far risalire ad una presumibile risistemazione della cappella successiva al terremoto del 1703. La mostra d’altare è in marmi policromi e sembra riecheggiare opere realizzate, a fine Seicento, in altre chiese del territorio aquilano dalla famiglia Pedetti, attiva nella stessa basilica bernardiniana, avendo iniziato la balaustra fronteggiante la cappella del santo titolare, poco dopo portata a termine dai Ferradini.

In basso, ai lati della mostra stessa, si trovano due stemmi in pietra bianca pure riconducibili alla famiglia Alessandri, che ebbe il patronato della cappella ad inizio Settecento. In alto, come cimasa, si trova una piccola tela con La colomba dello Spirito Santo tra cherubini. Le tele sulle pareti laterali sono di qualità inferiore rispetto alla tela principale e da attribuire verosimilmente ad un’altra mano.

Purtroppo, poche sono le notizie documentarie riguardanti la cappella e sembra essersi persa memoria sin da subito dell’autografia delle tele, che sono, sulle fonti, generalmente citate come di autori ignoti.

La tela con la Predicazione di Santa Rosa presenta la santa titolare della cappella al centro, in piedi su un piedistallo di roccia, con in mano un crocifisso. Attorno si riunisce una folla con gli occhi levati al cielo. Cherubini osservano la scena tra le nuvole, da cui filtra una luce livida. La stesura è corposa, con campiture di colore larghe e piatte che donano un generale aspetto di luminosità, o meglio di lucidità, alla tela, nonostante i colori scuri del fondo.

Stilisticamente parlando, la tela sembra poter essere confrontata con esiti soddisfacenti ad un buon numero di opere di Nicola Malinconico (1663 Napoli-1727 Napoli), di cui sono peraltro presenti due tele all’Aquila, entrambe realizzate per la basilica di Collemaggio in un momento che con tutta probabilità si può collocare tra i due estremi cronologici del 1703 (anno in cui il pittore ottiene il titolo di Cavaliere) e il 1706 (anno in cui ottiene invece il titolo di Conte). Le fonti aquilane, tra queste De Torres, Leosini, Signorini e Bindi, lo denominano infatti “Cav. Malinconico” e lo stesso titolo sembra leggibile almeno in una delle due tele suddette.

La tela di Santa Rosa non sembra essere firmata – ma le condizioni di conservazione e la collocazione attuale certo non facilitano la ricerca – eppure molte sono le somiglianze, a partire dalla frequente scelta da parte del pittore partenopeo di porre una figura (nei casi aquilani femminile) su un rialzo roccioso, articolando così la composizione quasi su due livelli e dandole una tensione piramidale, sino al modo in cui cade il panneggio sul ginocchio della Santa Rosa – confrontabile con un’Immacolata concezione in Fototeca Zeri (scheda n. 50603) che in quel punto risulta praticamente sovrapponibile – o ancora ai piedi dalle dita nodose. Inoltre, un copricapo (visibile nella tela in esame nel personaggio in primo piano a sinistra, che volge le spalle allo spettatore) torna identico in più dipinti attribuibili alla famiglia Malinconico, che annoverava altri due pittori oltre Nicola: Andrea, il padre, ed Oronzo, il fratello.

Vista la possibilità che le opere aquilane del Malinconico possano ricondursi proprio a quel fecondo clima di rifacimenti che dovette seguire il forte sisma del 1703, è plausibile pensare che la cappella sia stata frutto di una risistemazione di primo Settecento, risultando inoltre proprio un Alessandri (Biagio) tra i finanziatori della ricostruzione della basilica (Chierici 1969, p. 43). Non è ancora possibile sapere se il Malinconico dovette recarsi personalmente all’Aquila, chiamato dalle risistemazioni successive al sisma, e quindi se la tela di San Bernardino possa per cronologia essere affiancata a quelle di Collemaggio. Nessuna conferma può giungerci dalle opere stesse, poiché, trattandosi di opere mobili, non sono in alcun modo indicative di un effettivo soggiorno del napoletano all’Aquila, e potrebbero esser state inviate dalla capitale del Regno senza alcuna necessità di recarsi sul luogo della commissione.

Bibliografia di riferimento

Angelo Leosini, Monumenti storici artistici della città di Aquila e i suoi contorni colle notizie de’ pittori architetti ed altri artefici che vi fiorirono, Francesco Perchiazzi Editore, Aquila 1848, p. 226.

Angelo Signorini, L’archeologo nell’Abruzzo ulteriore secondo ovvero Prospetto storico intorno i monumenti antichi e moderni, le vicende civili e religiose, le scienze le lettere e le arti belle della provincia e città di Aquila, Tipografia Grossi, Aquila 1848, p. 231.

Vincenzo Bindi (1883), Dizionario degli artisti abruzzesi, REA Edizioni, L’Aquila 2010, p. 196.

Matilde Oddo Bonafede, Guida della città dell’Aquila, Tipografia Aternina, L’Aquila 1888, p. 131.

Lorenzo Di Virgilio, La Basilica di S. Bernardino a L’Aquila. Storia ed arte, Arte della Stampa, L’Aquila 1950, pp. 122,123.

Umberto Chierici, La Basilica di San Bernardino a L’Aquila, Stampa Spiga, Genova 1969, p. 43.

La Basilica di San Bernardino, Soprintendenza ai B.A.A.A.S. per l’Abruzzo, L’Aquila 1987, p. 64.

Maurizio D’Antonio e Michele Maccherini, La basilica di San Bernardino all’Aquila e i suoi tesori d’arte, CARSA, Pescara 2020, p. 60.

Autore: Pittore di scuola napoletana

Titolo: La trasformazione del pane in rose

Data: Inizio XVIII

Collocazione: Cappella di Santa Rosa da Viterbo

Stato di conservazione: Buono

Tecnica e materia: olio su tela

Autore: Pittore di scuola napoletana

Titolo: La morte della madre

Data: Inizio XVIII

Collocazione: Cappella di Santa Rosa da Viterbo

Stato di conservazione: Buono

Tecnica e materia: olio su tela

Descrizione

Le tele sulle pareti laterali della cappella intitolata a Santa Rosa da Viterbo, raffiguranti episodi relativi all’agiografia della stessa, si presentano oggi in buono stato di conservazione. Sono entrambe riferibili ad una mano – di autore ignoto – sicuramente diversa da quella della pala centrale, sebbene sembrerebbe confermabile, affidandosi esclusivamente al criterio stilistico, quantomeno la cultura partenopea del pittore.

La tela sulla sinistra rappresenta La trasformazione del pane in rose, miracolo che la santa viterbese condivide con molti altri santi, tra cui Sant’Elisabetta d’Ungheria. Su un uscio, Isabella Flores de Oliva (questo il nome al secolo della santa) ancora bambina mostra le rose che tiene nel suo grembiule, originariamente pane da donare ai poveri, miracolosamente trasformato per non farsi scoprire dal padre.

Sulla parete destra è invece l’episodio della Morte della madre, che si presenta notevolmente più scuro del precedente, ambientato entro una spoglia e buia stanza.

La pittura risulta di qualità tutto sommato abbastanza mediocre, essendo rilevabili alcune scorrettezze anatomiche e talvolta proporzionali. La mimica è piuttosto teatrale e vuole farsi eloquente, ma non riesce davvero a coinvolgere emotivamente lo spettatore. Risultano somiglianze evidenti, in primo luogo nelle fisionomie, con la pittura del Cenatempo, da cui il pittore in esame può aver tratto spunto se non esser stato aiuto o allievo, tanto vicine le pitture appaiono in alcuni punti, sempre però distanziate da un vistoso scarto qualitativo.

Bibliografia di riferimento

Matilde Oddo Bonafede, Guida della città dell’Aquila, Tipografia Aternina, L’Aquila 1888, p. 131.

Lorenzo Di Virgilio, La Basilica di S. Bernardino a L’Aquila. Storia ed arte, Arte della Stampa, L’Aquila 1950, pp. 122,123.

Umberto Chierici, La Basilica di San Bernardino a L’Aquila, Stampa Spiga, Genova 1969, p. 43.

La Basilica di San Bernardino, Soprintendenza ai B.A.A.A.S. per l’Abruzzo, L’Aquila 1987, p. 64.

Maurizio D’Antonio e Michele Maccherini, La basilica di San Bernardino all’Aquila e i suoi tesori d’arte, CARSA, Pescara 2020, p. 60.