La Facciata
Autore: Nicola Filotesio, detto Cola dell’Amatrice (1480 circa-ante 1552)
Titolo: Facciata
Data: 1525-1542
Stato di conservazione: Buono
Tecnica e materia: Pietra bianca
Iscrizioni: MDXXVII / COLA AMA / TRICIUS AR / CHITECTOR / INSTRU / XIT = 1527 / Cola dell’Amatrice architetto / [la facciata] costruì
ihs DIVO BERNARDINO SERVATORI URBS AQUILA D N SANCTITATI Q E PRO TEMPORE F xpc
Templum Deo Viventi Deiperae Virgini Atq / Divo Bernardino Christiana Religione Et Pietate / Sacrum = Tempio sacro al Dio vivente, alla Vergine Madre di Dio e a San Bernardino per mezzo della Religione Cristiana e della Pietà
Hieronimus / De Nurcia = Girolamo / Da Norcia
Descrizione
La magnifica facciata cinquecentesca in pietra bianca, una parete unica terminante a vela, cela l’antica fronte basilicale, rinnovando l’aspetto gotico originario del complesso ecclesiastico.
Le notizie riguardanti la sua costruzione risalgono a tre diversi periodi: nel 1458 ebbe l’incarico dell’esecuzione mastro Cristoforo da Cortona, ma, dieci anni più tardi, non si era andati oltre un primo ordine di archi e forse un portico per la sua funzione di pellegrinaggio antistante l’ingresso; la costruzione era stata in seguito ripresa da Silvestro dell’Aquila (metà XV secolo-1504) in un periodo quasi coevo a quello dell’esecuzione del Mausoleo del Santo all’interno della chiesa (fine XV secolo-inizio XVI), i lavori furono assai lenti se, nel 1506, papa Giulio II dovette intervenire con un Breve per sollecitare il completamento dell’opera, ma la fabbrica fu invece nuovamente interrotta. La terza e definitiva fase vide la demolizione di quanto fino ad allora era stato costruito. La prima pietra della nuova facciata fu posta, con ogni probabilità, il 19 luglio del 1525; ma il suo autore Nicola Filotesio, detto Cola dell’Amatrice (1480 circa-ante 1552), affermato pittore e architetto nella città di Ascoli Piceno, si trovava all’Aquila già dall’anno precedente: in questo lavoro si limitò a decorare una superficie che non aveva una reale sintonia con l’interno, indice del suo legame con l’idea di architettura quattrocentesca. Il primo ordine della facciata venne terminato nel 1527, come è attestato da un’iscrizione posta al disotto della cornice, tra i due modiglioni sullo spigolo sinistro. Il tributo pagato al principe d’Orange e la costruzione della fortezza, avvenuta a spese della città, a seguito di una ribellione filofrancese, non permisero la continuazione della costruzione della facciata rimasta ferma all’altezza del primo ordine. In tempi più tranquilli, i due ordini superiori furono terminati nel 1540, ancora segnalato da un’iscrizione, e nel 1552.
L’opera architettonica si presenta posta al disopra di un’ampia gradonata in mattoni disposti a spinapesce con cordonature in pietra. Oltre che su tre ordini, la facciata è divisa verticalmente in tre spazi da quattro binati di colonne, per ciascun ordine. Nell’ordine basamentale le colonne binate poggiano su un solo piedistallo, tra esse sono due nicchie vuote sovrapposte; negli intercolumni laterali doppi incassi accolgono i portali minori, al centro un solo incasso incornicia il portale; i tre sono giustapposti alla parete, il centrale ripete motivi scultorei desunti dal mausoleo costruito da Silvestro dell’Aquila all’interno della basilica. La trabeazione del primo ordine dal basso sporge decisamente dalla parete e, negli intercolumni, è sostenuta da mensole; il fregio è dorico a triglifi alternati a metope con decorazioni. La cornice è sostenuta da fitte mensole. Più arretrati, e di minore altezza, gli ordini superiori, rispettivamente: ionico, il secondo, composito, il terzo; le colonne binate hanno ciascuna un piedistallo e, tra esse, un cartello è sottoposto ad una mensola e ad una nicchia vuota (non si ha certezza se nei progetti originari per questi spazi fossero state pensate delle sculture); i piedistalli sono collegati da uno zoccolo che corre tanto tra i binati quanto tra gli intercolumni. Negli intercolumni del secondo ordine si vedono due grandi oculi ciechi, sui lati, una serliana, pure cieca, sormontata da due piccoli oculi sulle luci architravate, al centro; quest’ultima sarebbe stata realizzata nel XVII secolo, Cola progettò originariamente una grande finestra. Nel fregio corre, per tutta la lunghezza, un’iscrizione dedicatoria a san Bernardino. Negli intercolumni del terzo ordine sono: due grandi cristogrammi ai lati; un grande oculo cieco, al centro. Completamente liscio il sovrastante fregio. Essendo crollate la cupola e la copertura della navata centrale col sisma del 1703, quest’ultima tra il 1710 e il 1733 venne ricostruita più bassa della preesistente e si rese necessario murare l’oculo del terzo ordine.
È possibile accostare l’ordine basamentale di San Bernardino con i disegni sangalleschi e michelangioleschi per la facciata di San Lorenzo a Firenze, sebbene più evidenti dei punti di contatto con quelli di Giuliano da Sangallo (1443-1516) conservati nella raccolta degli Uffizi (i numeri A 276, A 279 e A 281): nel primo e nel terzo di questi, oltre ai binati di semicolonne, anche nicchie, cartelli e fregio a triglifi e metope riportano alla facciata di Cola; nel secondo non compaiono le nicchie e i cartelli, ma le semicolonne sono su alti piedistalli, la trabeazione si rileva in corrispondenza dei binati angolari (qui costituiti da una semicolonna e da un pilastro) e della parte centrale della facciata, i portali laterali sono molto vicini a quelli realizzati per San Bernardino (forse già presenti in un disegno di Cola, ma eseguiti alcuni decenni dopo la sua morte). Cola ebbe dunque modo di aggiornarsi sugli sviluppi della pittura e dell’architettura nella Roma dell’ultimo Bramante (1445-1514) e di Raffaello (1483-1520). Le metope decorate all’interno del fregio dorico del suo ordine basamentale con simboli liturgici sono vicine, per i soggetti raffigurati e per l’epoca dell’esecuzione, a quelle del tempietto di San Pietro in Montorio del Bramante realizzato nel primo decennio del XVI secolo, presentano motivi classici uniti a simboli liturgici e francescani.
Nella lunetta del portale centrale vi sono delle figure scolpite dallo stile arcaico, ad oggi si ignora lo scultore: Girolamo da Norcia, il cui nome compare in un cartiglio, tra 1547 e 1549 fu rettore della basilica, ciò fa presupporre che fu questo il periodo nel quale venne scolpita la raffigurazione della Madonna con Bambino tra san Bernardino e donatore, il cartiglio reca una dedica del tempio al Santo. Non si esclude che l’opera – non presente in un’incisione di metà XVI secolo – si trovasse all’interno. L’autografia resta controversa, sarebbe da ricondursi all’ambito di Silvestro dell’Aquila e non a Cola la cui pratica della scultura resta ad oggi dubbia.
La facciata tra 1958 e 1961 fu messa in sicurezza da un intervento del genio civile: venne smontata e rimontata facendo uso del cemento armato, ciò ne aumentò rigidità e stabilità, per questo i danni del sisma del 2009 non furono notevoli. Un successivo intervento di sabbiatura – che evidenziò la qualità della pietra bianca – si rese necessario per cancellare i numeri che identificavano i vari pezzi nel processo di ricomposizione.
Bibliografia di riferimento
Umberto Chierici, La Basilica di S. Bernardino a L’Aquila, a cura della Cassa di Risparmio dell’Aquila, Progetto Fotocolor e Stampa Sigla Effe, Genova 1964, pp. 39-43
Adriano Ghisetti Giavarina, Cola dell’Amatrice: la facciata della basilica di San Bernardino all’Aquila, in La bellezza inquieta. Arte in Abruzzo al tempo di Margherita d’Austria, a cura di Lucia Arbace, Umberto Allemandi & C., Torino 2013, pp. 14-21
Michele Maccherini, Cola dell’Amatrice e gli scultori aquilani, in Cola dell’Amatrice. Da Pinturicchio a Raffaello, catalogo della mostra, a cura di Stefano Papetti e Luca Pezzuto, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2018, pp. 84-86
Maurizio D’Antonio e Michele Maccherini, La basilica di San Bernardino all’Aquila e i suoi tesori d’arte, Carsa Edizioni, Pescara 2020, pp. 16-19
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