Cappella di San Giovanni da Capestrano
Autore: Girolamo Cenatempo (documentato dal 1705 al 1742)
Titolo: San Giovanni da Capestrano nella battaglia di Belgrado
Data: 1733 ca.
Collocazione: Cappella di San Giovanni da Capestrano
Materiale e tecnica: Olio su tela
Descrizione
L’opera, oggi in condizioni tutto sommato buone, funge da pala d’altare alla cappella di San Giovanni da Capestrano, la prima radiale a sinistra, venendo dalla navata centrale. È incorniciata da una monumentale mostra in stucco dipinto, da supporre pure settecentesca. All’apice svetta un rilievo che ospita una Crocifissione con i due dolenti, affiancata dalle statue a tutto tondo rispettivamente della Fortezza e della Carità; a tal proposito Di Virgilio (1950, pp. 122 e 125) riporta che precedentemente la cappella sarebbe stata fatta realizzare dai signori Nodari ed inizialmente dedicata al Crocifisso, ragion per cui presenterebbe, in memoria della precedente intitolazione, il rilievo con la Crocifissione. Sul livello inferiore si ergono due santi francescani di difficile identificazione, vista l’assenza di nomi incisi, presenti invece nella mostra analoga della frontale cappella di San Giacomo della Marca. Il santo di destra reca nella mano sinistra una fiamma che porta a riconoscervi Sant’Antonio da Padova; il santo sulla sinistra, pur non mostrando le fattezze di San Francesco, per la presenza del crocifisso e per l’importanza del fondatore dell’ordine, costantemente presente in coppia con Sant’Antonio, può essere – anche se in modo dubitativo – identificato con il poverello di Assisi. Ai lati del basamento troneggiano lo stemma francescano sulla sinistra e quello con le stimmate sulla destra, ugualmente alludente all’ordine dei frati minori.
Sulle strette pareti laterali della cappella sono visibili due lapidi di fine Ottocento.
Infine, Lorenzo Di Virgilio testimonia la presenza, sulla parete sinistra, di un’opera dal soggetto complesso oggi non più in loco; dalla descrizione dell’autore (Di Virgilio 1950, p. 125) sembrerebbe trattarsi del trasporto della Croce a Gerusalemme ad opera dell’imperatore Eraclio.
La tela superiormente centinata raffigura il famoso coinvolgimento di San Giovanni da Capestrano alla crociata di Belgrado, nell’estate del 1456. La leggenda agiografica vuole che il Santo si sia presentato alla battaglia privo di armi, provvisto dunque esclusivamente della fede, e che, ciononostante, le frecce non lo sfiorarono o scalfirono.
San Giovanni da Capestrano è raffigurato al di sopra di una roccia, con le mitre delle cariche vescovili da lui rifiutate ai suoi piedi, la croce rossa sul saio, un crocifisso ed una bandiera crociata nelle mani. Attorno, su un livello leggermente ribassato, imperversa la battaglia, sulla sinistra un castello fa da quinta alla scena ed in alto un angelo con la spada scende in aiuto del santo, calandosi da nubi abitate da angioletti e cherubini.
L’opera può essere attribuita alla mano di Girolamo Cenatempo, pittore napoletano attivo almeno in tre occasioni all’Aquila, e risulta con ogni evidenza ascrivibile alla medesima commissione della tela collocata di fronte a quella in esame, con San Giacomo della Marca che osserva la pianta della Basilica di San Bernardino, quest’ultima firmata e datata 1733. Le tele furono dunque commissionate al pittore assieme o immediatamente dopo le tre da incassare nel soffitto ligneo di Ferdinando Mosca, durante quello che si suppone essere il terzo soggiorno del napoletano all’Aquila; un soggiorno che, da quanto si può discernere dai suoi lavori, dovette coincidere con una probabile svolta stilistica, che capovolse le precedenti luminosità giordanesche (per via stilistica, ma senza alcuna conferma documentaria, si potrebbe infatti supporre un apprendistato presso Luca Giordano) in toni più scuri ed avvicinabili al Solimena. Qualsiasi supposizione sul pittore resta però appunto tale per il momento, essendo il Cenatempo totalmente tralasciato dal De Dominici, pur nella sua lunga trattazione dei giordaneschi (e potremmo dunque immaginare che il ruolo del Cenatempo a Napoli non fu poi così quantitativamente rilevante come è senza dubbio stato per i numerosi lavori aquilani) ed essendo i documenti pervenuti sulla sua giovinezza molto scarsi. All’Aquila il Cenatempo fu attivo per più chiese, con commissioni che spaziarono dall’affresco al dipinto mobile, e solo nella basilica bernardiniana – allora senza alcun dubbio il cantiere più fervente della città, come d’altronde lo era ormai da secoli – dovette realizzare in due fasi distinte tanto gli affreschi sulla volta della cappella del Santo titolare della basilica, quanto appunto le tele per gli altari dedicati a quelli che erano stati i confratelli a lui più vicini, San Giacomo della Marca e San Giovanni da Capestrano, ed ancora le tre tele sul soffitto del Mosca a copertura della navata centrale.
Bibliografia di riferimento
Angelo Leosini Monumenti storici artistici della città di Aquila e i suoi contorni colle notizie de’ pittori architetti ed altri artefici che vi fiorirono, Francesco Perchiazzi Editore, Aquila 1848, p. 199.
Angelo Signorini, L’archeologo nell’Abruzzo ulteriore secondo ovvero Prospetto storico intorno i monumenti antichi e moderni, le vicende civili e religiose, le scienze le lettere e le arti belle della provincia e città di Aquila, Tipografia Grossi, Aquila 1848, p. 220.
Teodoro Bonanni, La guida storica della città dell’Aquila e dei suoi contorni, Stabilimento tipografico Grossi, Aquila 1874, p. 50.
Matilde Oddo Bonafede, Guida della città dell’Aquila, Tipografia Aternina, L’Aquila 1888, p. 133.
Lorenzo Di Virgilio, La Basilica di S. Bernardino a L’Aquila. Storia ed arte, Arte della Stampa, L’Aquila 1950, pp. 122 e 125.
La Basilica di San Bernardino, Soprintendenza ai B.A.A.A.S. per l’Abruzzo, L’Aquila 1987, p. 62.
Maurizio D’Antonio e Michele Maccherini, La basilica di San Bernardino all’Aquila e i suoi tesori d’arte, CARSA, Pescara 2020, p. 29.
Video